Gli ultimi tre giorni di gennaio sono i cosiddetti giorni della merla.
Ma perché si chiamano così? La loro origine è controversa e affonda le sue radici sulla tradizione popolare italiana.
Le storie sono diverse e tutte da raccontare ai più piccini.
Una leggenda racconta di una merla con i suoi figli bianchi che proprio in quei giorni si rintanarono in un comignolo.
I piccoli erano bianchi e uscirono neri, il primo febbraio, a causa della fuliggine.
Questo, secondo la storia, avrebbe portato all’origine dei merli neri, i comuni Turdus merula.
Un’altra leggenda parla di una merla dal piumaggio candido che non sopportava il clima freddo di gennaio.
Un anno fece provviste e si chiuse nella tana, ma in quel periodo fu un gennaio molto breve, di soli 28 giorni.
L’ultimo di gennaio la merla uscì dal suo nido e iniziò a cantare strane filastrocche per sbeffeggiare il mese.
Di tutta risposta, gennaio chiese in prestito tre giorni a febbraio e fece tre giorni di freddo gelido, con neve, vento e pioggia.
La merla dovette restare chiusa, così, per le 72 ore a cavallo tra i due mesi.
Nel frattempo, quando l’animale uscì, si rese conto che le piume erano diventate nere sempre per la fuliggine del camino.
La tradizione dei giorni della merla è del Nord Italia, tant’è che diverse leggende vengono ambientate a Milano e a Torino.
Nel capoluogo lombardo, si parla di una coppia di merli con i tre figlioletti, che si erano rifugiati su un albero di un cortile di un palazzo a Porta Nuova.
In quel periodo un’abbondante nevicata colpì la zona ed era difficile trovare da mangiare.
Il maschio uscì per cercare cibo e arrivò fino ai confini di quella nevicata per trovare una nuova casa per la famiglia.
Nel frattempo la femmina si spostò su un tetto vicino dove un comignolo di un caminetto rendeva l’aria più calda.
Il merlo, una volta tornato, non riuscì a riconoscere più la sua compagna e i tre figlioli perché erano diventati neri dalle polveri. Da allora tutti i merli diventarono neri.
I giorni della merla hanno anche una lettura in chiave climatologica: quando sono freddi ci sarà una bella primavera.
Quando sono caldi, invece, bisognerà aspettare per avere un clima mite.
Ma c’è una spiegazione zoologica a tutti questi miti del giorno della merla?
Sì, ed è il merlo leucistico che potrebbe essere all’origine di tutte queste leggende.
Esistono infatti esemplari dal piumaggio colorato di bianco, cambiato da una mutazione genetica.
Sarebbe una sorta di albinismo che, comunque, non gli fa modificare la colorazione degli occhi.
Il leucismo provoca un “difetto” che non fa fissare la melanina sulle penne e può essere sia totale, con l’intero piumaggio bianco, sia parziale, con alcune chiazze.
Esemplari di merli leucistici non sono poi così rari, spesso infatti vengono osservati in parchi e giardini con una facilità, anche in città.
Altre due spiegazioni vengono attribuite al letterato settecentesco Sebastiano Paoli, collettore dei “Modi di dire toscani”. Secondo l’illustre umanista vi sarebbero due fatti storici, entrambi avvenuti in area padana, alla base del modo di dire.
Due episodi che hanno protagonista il fiume Po.
Una riguardava un cannone da far passare oltre il fiume.
Questo era molto grande e lo avevano chiamato la Merla.
Per trasportarlo, gli uomini aspettarono gli ultimi giorni di gennaio per farlo passare sul ghiaccio del fiume gelato. Un’altra delle leggende riguarda invece una nobile Signora di Caravaggio, che veniva chiamata De Merli.
Anche lei doveva attraversare il fiume Po per andare a prendere marito, ma riuscì a farlo solo nei giorni in cui il fiume era ghiacciato.
La ricerca dell’origine dell’espressione è segnata comunque in prevalenza da suggestioni naturalistiche legate alla protagonista delle tante leggende sul tema raccolte in varie regioni: la merla.
Un’espressione tanto comune quanto misteriosa, diffusa in diverse regioni d’Italia, dalle Alpi fino alle Marche ed alla Sardegna.
Sono diverse quelle che fanno parte del folklore italiano: la merla annuncerebbe l’arrivo della primavera in anticipo o in ritardo a seconda che le temperature siano miti o veramente fredde.
Se in quei tre giorni le temperature sono miti, allora significa che l’inverno durerà ancora a lungo; se invece farà molto freddo, la primavera non tarderà ad arrivare.
Staremo a vedere cosa capiterà quest’anno.
E i nostri CAITPR?
Prendiamo in prestito uno schema semplice e sintetico della nostra amica Giulia Gaibazzi, che Ti consigliamo di seguire proprio per il suo approccio “etico” ai cavalli.
Consigli per gestire al meglio la stagione più fredda!
Considerare che in realtà i cavalli soffrono più il caldo che il freddo.
La capannina deve essere a disposizione degli animali che si vogliono riparare.
Le coperte solo a necessità, non a caso a tutti i cavalli e neppure evitandole come fossero la peste: cerchiamo di comprendere se il nostro cavallo ne ha realmente bisogno, se si, quando e per quanto tempo, consapevoli anche dei lati negativi del loro utilizzo (riduzione di capacità di termoregolazione, minore percezione corporea).
A chi metto la coperta? Ai cavalli sottopeso (perché sono sottopeso?), a quelli che rischiano di perdere peso o che trovo anche solo contratti (si vede comunemente dalla tensione della zona addominale) quando le temperature sono basse.
FIENO SEMPRE A DISPOSIZIONE!
Per produrre calore, il metodo migliore e più sano è mangiare tanto fieno, costantemente.
Non ricorro normalmente infatti a pastoni caldi, solo tanto buon fieno.
I cavalli devono essere liberi di muoversi! Gli amici, quindi la vita in socialità, aiutano.
Quando fa freddo o umido, il riscaldamento prima di montare deve essere molto accurato!
Un bellissimo video dei nostri Amici CAITPR Rob & Bjorn in mezzo alla neve