(Fattrici CAITPR – copyrighted foto @Annalisa Parisi)
Ma che cos’è davvero la biodiversità? Comunicare correttamente la Biodiversità non è sempre un gioco da ragazzi. E come mai oggi se ne parla così tanto? Cosa succede quando una specie, animale o vegetale che sia, rischia di estinguersi? Quali attività dell’uomo mettono in pericolo gli habitat naturali? Cosa perdiamo con la loro distruzione?
L’indagine Eurobarometro dal 2010 (anno della Biodiversità) indica che la maggior parte dei cittadini europei ritiene di non essere adeguatamente informata sulla biodiversità. La nuova indagine “Atteggiamento nei confronti della biodiversità” stima che solo 38% degli europei conosce il significato di questo termine mentre 28% dichiara di aver già sentito questa parola ma di non conoscerne il significato. La maggioranza ritiene che la perdita di biodiversità, sia un problema grave, anche se pensa che non risentirà personalmente di questa perdita, e solo 17% dei partecipanti ammette di avvertire già questo problema. Alla domanda su quale siano le minacce più serie per la biodiversità, il 27% indica l’inquinamento, mentre il 26% cita le catastrofi provocate dall’uomo. I cittadini spiegano la loro inerzia nei confronti di questo problema con il fatto che sono poco informati sulle azioni da intraprendere.
Il concetto di biodiversità è assai spesso associato a quello di qualità ambientale, ed è opinione comune che un ambiente ricco in specie viventi preservi la sua naturalità. Tuttavia questo però risulta vero solo in parte, poiché è importante notare che la “qualità” di un ecosistema non coincide necessariamente con quantità e densità di specie presenti.
Comunicare correttamente la Biodiversità vuol dire andare oltre alcuni stereotipi, ovvero non fermarsi a una visione troppo semplificata dell’ambiente, non solo in ragione della sua complessità, ma anche delle unicità dei rapporti tra specie-e-specie e specie–ambiente. Già nel 2006 la Commissione europea ha infatti ribadito la necessità di salvaguardare la diversità biologica nella sue proprietà, al fine di intraprendere la strada di uno sviluppo realmente sostenibile.
Attualmente prende forza la necessità di riconoscere il ruolo chiave della biodiversità nell’intreccio con le comunità e le attività dell’uomo, dato che queste (molto spesso), si sono sviluppate in conseguenza di una precisa identità storica e culturale con la natura circostante.
La comunicazione in campo ambientale è difficile in conseguenza della complessità dei concetti. Tuttavia, anche solo un approccio di tipo comunicativo e formativo, può garantire un diffuso cambiamento di modelli, stili di vita e valori, per avvicinarli maggiormente alla sostenibilità.
Comunicare l’un l’altro, scambiarsi informazioni è NATURA; tenere conto delle informazioni che ci vengono date è CULTURA.
J. Wolfgang Goethe –
“La prova è inequivocabile: la biodiversità, importante di per sé ed essenziale per le generazioni attuali e future, viene distrutta dalle attività umane a un ritmo senza precedenti nella storia”.
Con queste parole Sir Robert Watson, presidente dell’IPBES, la piattaforma intergovernativa dell’ONU sulla biodiversità e i servizi ecosistemici, commentava nel 2019 i risultati appena pubblicati nel Global Assessment, che riunisce i contributi di oltre 1.000 scienziati da tutto il mondo.
Ma cos’è la biodiversità?
Come comunicare correttamente la Biodiversità?
Belle domande. Se si cerca una definizione si rischia di perdersi.
È un concetto multiforme che non si presta ad essere formulato in modo univoco.
In quasi 40 anni di vita la parola “biodiversità” è diventata di uso comune in tutto il mondo e non solo in ambito scientifico. In alcuni casi ci è scappata un po’ la mano e tutto è diventato biodiverso: biodiversità alimentare, biodiversità umana, biodiversità culturale, perfino biodiversità linguistica. La biodiversità è entrata nelle nostre vite, nel nostro lessico prendendo il posto, sempre più spesso, di quella che una volta chiamavamo “natura”.
Eppure, par strano, ma moltissime persone non sanno neppure cosa significhi realmente.
I dati pubblicati nel 2019 dall’Eurobarometro (10 anni dopo il primo rilevamento sopra riportato), lo strumento attraverso il quale la Commissione europea indaga l’opinione dei cittadini dell’UE, sono preoccupanti: la maggioranza degli europei non ha mai sentito la parola “biodiversità” (41%) o non ne conosce il significato (30%). In Italia le cose vanno anche peggio perché la percentuale complessiva sale al 76%.
Il fatto che così poche persone si rendano conto di ciò che si sta perdendo riduce la speranza di riuscire ad invertire la tendenza, tanto da essere considerato da alcuni uno dei fattori che contribuiscono alla crisi di estinzione della biodiversità.
Non è un caso che il testo dello storico accordo raggiunto alla COP15 di Montreal si chiuda con un’intera sezione dedicata alla necessità di “migliorare la comunicazione, l’educazione e la consapevolezza sulla biodiversità” come premessa irrinunciabile per ottenere il cambiamento dei comportamenti, promuovere stili di vita sostenibili e arrestare la perdita di biodiversità.
La riduzione della biodiversità, non è esperita, ma appresa e ciò avviene (per la stragrande maggioranza della popolazione, uscita dall’età scolare) tramite i mass media. L’argomento, così come altri argomenti che chiamano in causa la complessità della vita sul pianeta Terra, è insomma caratterizzato dalla presenza di concetti e conoscenze che presuppongono un certo livello culturale nel pubblico e una disponibilità all’attenzione, da un lato, e una grande capacità divulgativa dall’altro.
Nella comunicazione in materia di biodiversità, ci si scontra, in altre parole, con ostacoli quali la separazione tra addetti ai lavori e non addetti ai lavori, l’uso di termini specialistici che risultano ostici al grande pubblico, suonando come una specie di gergo, la difficoltà di distinguere gli scenari (che sono uno strumento di analisi scientifica ed un aiuto alla programmazione lungimirante) dai fatti (con i quali gli scenari vengono spesso confusi), ma anche l’uso di stereotipi e a volte una burocraticità eccessiva della comunicazione.
A ciò si sommano altri fattori, tra cui i preconcetti del pubblico (come ad esempio che la difesa della biodiversità e la conservazione della natura possano essere un ostacolo al progresso). La comunicazione ambientale si trova inoltre spesso costretta a lanciare messaggi allarmanti (spesso non si può non presentare la situazione reale e non presentarla nella sua complessità…) o a sottolineare limiti e divieti.
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Con il contributo di:
Piero Angela – Giornalista, scrittore e divulgatore scientifico
Stefano Ardito – Giornalista, fotografo, scrittore e documentarista
Fabrizio Carbone – Giornalista, fotografo, scrittore e documentarista
Alessandro Farruggia – Giornalista del “Quotidiano Nazionale” e scrittore
Marco Ferri – Copywriter, scrittore, autore e regista televisivo
Davide Papotti – Ricercatore di Geografia – Università degli Studi di Parma
Mariantonietta Quadrelli – Responsabile Ufficio Educazione WWF Italia ONLUS
Mario Salomone – Docente Educazione Ambientale Università di Bergamo, Direttore rivista “.eco”
Mario Tozzi – Geologo, Primo Ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)
Scegliere di comunicare correttamente la Biodiversità
Linee guida per la consapevolezza ambientale nella professione giornalistica
PASSIONECAITPR M.G.P.S. è un’Associazione Nazionale di Allevatori di razza CAITPR (Cavallo Agricolo Italiano da Tiro Pesante Rapido) che si pone come obiettivo dichiarato nello Statuto quello di gestire il processo di conservazione della razza CAITPR.
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Se sei arrivato fin qui, molte grazie per la Tua attenzione, oggi giorno è cosa rara, forse in via di estinzione.